Gli alcolisti si astengono dal bere, i giocatori d’azzardo si astengono dal gioco, eccetera. Quale è il concetto di astinenza per i “malati oncologici”?
Come malati oncologici, ci asteniamo da pensieri e comportamenti sia di lotta che di rassegnazione.
Tra i malati di cancro sono frequenti alcuni atteggiamenti all’apparenza contrastanti tra di loro mentre in realtà sono le due facce della stessa medaglia: la “non accettazione”.
Il primo atteggiamento è quello della lotta: “Devo lottare, devo sconfiggere l’infame, devo vincere io, devo censurare paure e debolezze e limiti, devo essere tosto”.
Il secondo è quello della rassegnazione: “E’ inutile, dovrò sempre curarmi, ci saranno ricadute, la chemioterapia è una maledizione, sono depresso”.
Sono atteggiamenti umani e comprensibili e le persone che li adottano vanno rispettate.
Anche noi, a volte, ne siamo tentati ma sono atteggiamenti che non ci portano alcuna serenità.
Se vogliamo vivere in pace questa esperienza, dovremmo astenerci sia dai sentimenti di onnipotenza sia da rassegnazione e disperazione.
Coltivare l’accettazione.
Accettazione – Come si configura l’accettazione della malattia oncologica?
Si tratta, come per le altre “Fratellanze”, di lavorare sui primi tre passi.
Nel Primo Passo noi riconosciamo la nostra impotenza di fronte al fatto di esserci ammalati di cancro.
E’ arrivato senza che ne fossimo coscienti e non possiamo cancellare questa presenza, non possiamo cambiare questa realtà.
Noi possiamo arrabbiarci e ribellarci oppure possiamo crogiolarci nell’autocommiserazione; avremmo ben ragione di scegliere entrambi i comportamenti, ma ciò non cambierebbe la nostra cartella clinica né ci farebbe star meglio emotivamente e spiritualmente.
Inoltre non ci serve neanche chiederci il perché: spesso i medici non riscontrano nella nostra storia clinica alcun fattore che possa essere considerato tra quelli possibilmente scatenanti.
E – se anche si potesse risalire al perché – ci servirebbe oggi?
Poi, nel Secondo e nel Terzo Passo lavoriamo come le altre “Fratellanze”.
La Preghiera della serenità è il compendio.
Come pregate con la “Preghiera della serenità” sulla malattia oncologica?
Preghiamo perché ci venga concessa la serenità di accettare le cose che non possiamo cambiare.
- Non possiamo cambiare la realtà della nostra malattia oncologica, la sua gravità più o meno accentuata, la possibilità o meno di interventi, la possibilità o meno di cure e terapie.
- Non possiamo cambiare l’inevitabilità di un certo livello di dolore fisico.
- Non possiamo cambiare la sofferenza per le perdite che il cancro a volte porta con sé: la perdita della salute, dell’autonomia, delle relazioni sociali.
- Non possiamo cambiare la paura e le altre emozioni che come malati oncologici proviamo.
Preghiamo perché ci venga concesso il coraggio di cambiare le cose su cui possiamo agire.
- Ognuno di noi è il solo responsabile del proprio atteggiamento interiore, di come sceglie di vivere il cancro, del senso che riesce a dare a questa esperienza che di per sé è solo negativa. Su questo possiamo agire.
- Ognuno di noi può chiedersi se c’è qualcosa che può fare. A questo punto viene la nostra responsabilità: agire ed essere disposti a fare la nostra parte anche se difficile e dolorosa.
Infine, preghiamo per la saggezza di conoscere la differenza tra prima e la seconda parte.
Come recita l’Undicesimo Passo, cerchiamo la volontà di Dio e la forza per compierla.
C’è qualche aspetto particolare del Programma che volete evidenziare?
Vivere un giorno alla volta
Abbiamo bisogno di lasciar andare il passato ed altresì bisogno di liberarci dalla paura dell’ignoto.
Noi non abbiamo alcun potere né sul passato né sul futuro: tutto quello che possiamo fare è vivere semplicemente le sfide della malattia oncologica un giorno alla volta.
“Oggi” non ci viene chiesto di affrontare tutte le fasi del percorso oncologico – “oggi” non dobbiamo fare altro se non quel pezzettino di strada che è nelle nostre 24 ore.
Anche per quanto riguarda il dolore fisico. E’ tutto solo per 24 ore, anzi è tutto solo per questo singolo brevissimo istante presente.
Coltivare gratitudine e positività
Gratitudine può sembrare un principio spirituale strano per un malato di cancro; eppure anche nei momenti più neri possiamo decidere di cercare le gratitudini per le cose belle ricevute.
Positività non significa censurare i sentimenti dolorosi né sforzarsi di travisare la realtà: significa semplicemente stabilire una scelta preferenziale per “il bene” nei pensieri, nelle parole, nelle azioni.
E optare per gratitudine e positività ha su di noi effetti benefici.
L’amore e la gioia che questo programma offre
Impariamo che il dolore può essere utile alla nostra crescita spirituale e che può essere usato da Dio, così come noi possiamo concepirLo, per aiutare gli altri.
Affidiamo tutto a Dio e scopriamo che la nostra attenzione viene dolcemente distolta dalle nostre vicende per aprirsi sugli altri.
Mentre manteniamo il nostro impegno di fare la volontà di Dio, così come noi possiamo concepirLo, il bene viene a noi e agli altri attraverso le esperienze dolorose.
Ci lasciamo andare all’amore e diventiamo un canale dell’amore stesso. Troviamo così la pacificazione del cuore ed una nuova gioia.
Accettiamo le cose che non possiamo cambiare e le affidiamo a Dio – poi agiamo facendo le cose che possiamo – e viviamo la vita nella gioia sapendo che questa è la volontà di Dio per noi oggi.
C’è qualche Tradizione particolarmente importante per il vostro gruppo?
La Decima Tradizione è particolarmente importante.
La malattia oncologica accomuna tutti i membri del gruppo ma è estremamente varia perché può colpire organi diversi e con diverse gravità. Inoltre può esserci una grande disparità di opinione sulle cure e terapie da intraprendere. E’ importante ricordare sempre che il gruppo, in quanto tale, non ha opinioni su questioni esterne e che anche argomenti come interventi/cure/terapie sono questioni esterne.
Il gruppo ha un solo scopo primario ed è quello di lavorare come malati oncologici sui Dodici Passi (Quinta Tradizione).
La Decima Tradizione ci raccomanda di mantenere la nostra attenzione sul programma dei Dodici Passi aiutandoci così a coltivare l’unità del gruppo stesso come bene più prezioso (Prima Tradizione).
In cosa consiste il requisito della Terza Tradizione?
Fanno parte del gruppo i malati di cancro che hanno il desiderio di applicare il programma dei Dodici Passi alla propria malattia oncologica – indipendentemente dall’organo colpito, dalla gravità della neoplasia, dallo stadio della malattia.
Come sopperite alla mancanza di letteratura specifica?
Usiamo qualsiasi testo, purchè sia letteratura approvata da “Associazioni dei Dodici Passi”.
Quando ci troviamo confusi sulle scelte da intraprendere, ci affidiamo alla saggezza delle “Fratellanze” che, prima di noi, hanno sperimentato / sbagliato / ritentato / ed infine trovato la giusta strada. E in questo modo siamo certi di fare la volontà di Dio che si è manifestata nella coscienza di gruppo sinora maturata.